Maggio 28, 2024
Paolo Dario, 72 anni, laureato in Ingegneria Meccanica presso l'Università di Pisa, è professore emerito di Robotica Biomedica presso la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa. È stato direttore scientifico del Centro di competenza sulla robotica Artes 4.0 e visiting professor presso numerose università, fra cui University of Pennsylvania, Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna, Collège de France, Waseda University in Giappone. I principali interessi di ricerca sono biorobotica e robotica per la chirurgia. Ha pubblicato oltre 180 articoli su riviste internazionali e oltre 300 tra capitoli di libri e articoli in atti di congressi internazionali. È titolare di circa 50 brevetti internazionali. Nel 2003 ha ricevuto dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, l’onorificenza di Ufficiale della Repubblica Italiana. Quando Paolo Dario ha iniziato ad immaginare di poter costruire robot, queste macchine prodigiose esistevano solo nei libri di Isaac Asimov e animavano i film di fantascienza dell'epoca, gli anni Settanta. Non a caso, Star Wars è una delle opere cinematografiche più amate dall'ingegnere livornese, che pochi giorni fa, in Giappone, ha ricevuto il prestigioso IEEE Robotics and Automation Award, «per aver fatto progredire la bionica e la biorobotica come aree di ricerca chiave a livello mondiale, integrando robotica e medicina». Professore, partiamo dal premio. Che momento è stato? «Mi hanno dato quattro minuti per il discorso, come ai David di Donatello (ridendo), in cui ho voluto fare i ringraziamenti in cui credo. Prima di tutto l’Italia, perché sono il frutto dell’educazione e cultura di questo paese e ritengo che la scuola italiana sia la migliore al mondo, dalle materne fino all'università e poi l'Europa, perché senza non avrei potuto fare quasi nulla. Infine la comunità scientifica nazionale e la mia famiglia, perché non bisogna mai dimenticare da dove si proviene». Immaginando i robot, è stato un visionario? «Sono ritenuto a livello mondiale colui che per primo ha perseguito la strada della biorobotica e della bionica, cioè dell'idea che i robot potessero essere ispirati al mondo della natura e poi bio-applicati alla medicina. In gioventù ho inseguito una robotica che nessuno credeva possibile, si pensava alle macchine nelle fabbriche, ma non socialmente utili. Quando negli anni Ottanta iniziai a lavorare sull’idea di un robot chirurgo, eravamo considerati dei pazzi, oggi è la normalità».